Lo spettacolo e’ andato in scena al Teatro Melotti di Rovereto in occasione della Giornata della Memoria, quando ricordiamo le vittime della Shoah, lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.


La protagonista e’ una donna dell’apparente eta’ di 30/40 anni, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, non si sa come. Ha perso il figlio Jashua di 6 anni e il marito Moshe, di 35. E’ proprio con lui che dialoga ora che si trova negli Stati Uniti.
Ma il suo monologo e’ al presente, non c’e’ passato, ne’ futuro. Costretta a rivivere la sua storia ogni minuto, nel tentativo vano di dimenticare.Il monologo termina con queste parole:

Volevano elevare ad arte lo sterminio. Volevano eliminarci dalla faccia della terra. Hanno sparso le nostre ceneri nel vento
Sulle nostre ossa volevano costruire un mondo nuovo.
Non ci sono riusciti.


La protagonista elenca in scena tutti i nomi dei campi di concentramento e il numero di persone che vi sono state uccise:

Auschwitz-Birkenau, 1 milione e 100 mila.
Belzek, 435 mila.
Bergen-Belsen, 70 mila.
Buchenwald, 56 mila.
Chelmno, 160 mila.
Dachau, 43 mila.
Flossenburg, 30 mila.
Groß-Rosen, 40 mila.
Gusen, 45 mila.
Majdanek, 78 mila.
Maly-Trostinez, 60 mila.
Mauthausen, 95 mila.
Mittelbau, 20 mila.
Natzweiler-Struthof, 22 mila.
Neuengamme, 55 mila.
Plaszow, 8 mila.
Ravensbrück, 30 mila.
Sachsenhausen, 40 mila.
Sobibor, 250 mila.
Stutthof, 65 mila.
Treblinka, 1 milione.

 

Articolo uscito il 29 gennaio 2011 su "L'Adige"

"Una panchina con alcune vecchie valigie sistemate attorno sono state il riferimento scenico del toccante monologo «Kammerspiel», lo spettacolo presentato ieri e giovedì in prima assoluta a Rovereto, in occasione della giornata della memoria. Magistrale la recitazione della riminese Daniela Giovanetti che, sola sul palco per un’ora e un quarto, ha saputo trasmettere al pubblico autentiche emozioni, seguendo un testo che la costringeva continuamente e rapidamente ad alternare sentimenti di felicità, angoscia, ilarità, dolore. Un’attrice che ha convinto catturando l’attenzione e l’apprezzamento del pubblico in sala. La storia è quella di una donna ebrea, di cui non si conosce il nome, che parla usando il presente di altre persone, rievocando i suoi ricordi di sopravvissuta all’Olocausto. Il tempo è scandito da due vite che scorrono parallele: quella sua negli Stati Uniti degli anni ’50 e quella precedente, fra la fine degli anni trenta e il 1945 in Germania. La donna, il cui enorme dolore per l’esperienza vissuta nei campi di concentramento (dove ha perso figlio e marito) ne ha evidentemente alterato la personalità, cerca, invano, di trovare pace ai suoi pensieri. La sapiente regia di Paolo Emilio Landi, direttore da anni U «emigrato di lusso» in Russia (dove l’arte teatrale è molto più apprezzata e finanziata che in Italia), è riuscita a catturare l’essenzialità nelle scelte scenografiche: pochi elementi sul palco, azzeccata scelta di musiche e spezzoni d’immagini, splendido utilizzo di fasci di luce gialla orizzontali per riprodurre l’idea del sole che filtrava fra le fessure dei vagoni in cui, all’epoca, vennero trasportati gli ebrei diretti verso i campi di sterminio. «Sono partito da un’immagine che avevo in testa dopo aver visitato il campo di Auschwitz - ha raccontato il regista - dove c’è una stanza in cui sono conservate le borse dei deportati, sulle quali c’è il nome e la data di nascita del proprietario e non, ovviamente, quella di morte. Sul palco le valigie simboleggiano varie persone e le loro vite». L’idea di riscrivere in chiave teatrale il racconto del tedesco Daniel Call è partita da Leonardo Franchini (giornalista e direttore artistico della roveretana compagnia dell’Attimo) che, assieme a Landi, ha molto lavorato sul testo originale per adattarlo a una forma più scenica. Un impegno durato molti mesi, che il direttore del teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, giovedì in sala a seguire lo spettacolo, ha riconosciuto dicendosi interessato a riproporre a Trieste la rappresentazione." (L'Adige - Trento)

play

Das Kammerspiel

by

Daniel Call

 

with

Daniela Giovanetti

 

Directed by

Paolo Emilio Landi

 

Set and Costumes

Eros Naldi

 

produced by
Compagnia dell'Attimo - Rovereto Italia

 

 

« Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto.
Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere.
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. »

(Elie Wiesel, tratto da La notte. Wiesel fu rinchiuso ad Auschwitz all'età di 15 anni)