E’ vero che ha ripreso a lavorare alla regione
Piemonte, dopo 15 anni ?
Si’, dall'inizio di maggio ho ricominciato a lavorare part-time
alla regione Piemonte.
Come fa’ a gestire la sua vita politica, che è piuttosto
intensa, con il lavoro a Torino?
Aumentando l'orario di lavoro, diciamo così. Era una scelta necessaria
per mantenere il posto di lavoro ma la reputo anche una buona scelta
perché tornare a lavorare e fare le cose che fanno tutte le persone
normali, tutti i giorni, a me sembra una buona scuola per tenere i piedi
per terra.
Di lei dicono sempre: " Paolo Ferrero, valdese" come
se fosse una qualità della sua persona, un epiteto inscindibile
dal suo nome. Che cosa significa per lei essere valdese?
Significa credere in Dio e poi, sul piano concreto, immagino abbia pesato
sulla mia personalità, sul senso di responsabilità, sull'attenzione
alla democrazia. Non riesco a pensare una politica distaccata dalla morale,
dall'etica. Ecco in questo sono “molto valdese”. Immagino,
di essere abbastanza rigido sul piano morale, il che non sempre è positivo
in politica. Però, mettiamola così, questi tratti di rigidità sono
sicuramente il frutto della storia del popolo Valdese, penso siano una
risorsa, certo, a volte un ostacolo.
Alcuni politici fanno professione di fede in televisione
o a mezzo stampa,, talvolta usano la bibbia o la loro fede come se fosse
un ascia o un grimaldello.
Penso bisognerebbe evitare di usare il Padre Eterno per giustificare
i cavoli propri sul piano politico. E quindi, io credo in Dio ma sono
altrettanto convinto che le scelte che faccio siano le scelte di Paolo
Ferrero. Non posso chiamare in ballo Dio per giustificare le mie scelte.
Credo che la mia fede sia una domanda sulle cose che faccio, mi mette
in discussione. Più che essere una garanzia della bontà delle
cose che faccio. Io diffido molto dei politici che usano Dio per dire
hanno ragione, perché penso che stiano bestemmiando.
Come deve comportarsi secondo lei un politico credente,
quando si vota per un sì o per un no? Magari i propri convincimenti
religiosi ( o la propria chiesa) tirano da una parte e la convenienza
politica o il bene comune spingono dall'altra. Lei è stato ministro,
come ha risolto questo problema?
In generale questi due elementi non sono sovrapponibili perché le
scelte che si fanno sono scelte concrete in cui io avrei difficoltà a
dire il Padre Eterno sta di qua, il Padre Eterno sta di là. Indubbiamente
la scelta che per me è stata più dolorosa come credente
e poi è stata dolorosa per me sul piano personale e sul piano
politico è stato quando, da ministro, non mi sono opposto alla
guerra in Afganistan. Considero quella guerra un disastro. Per ragioni
politiche il Presidente Napolitano aveva detto che se la maggioranza
non c'era anche sulla politica estera, saltava il governo. Per ragioni
politiche io ho accettato di non oppormi a quella misura. La considero
una di quelle cose di cui mi vergogno perché quella roba lì non
c'entra niente né con le ragioni per cui faccio politica, né con
cosa ho imparato dal Padre Eterno.
Il sinodo valdese ha preso delle posizioni piuttosto nette
decise, per esempio sul pacchetto sicurezza, sui temi dell'immigrazione.
Non ha mancato di dare una visione che in qualche modo sposa quella della
sinistra o del centro-sinistra. Questo in qualche modo la condiziona
come valdese e come politico?
Diciamo che c'è un comune sentire: l'idea che gli uomini e le
donne non siano da mettere in gerarchia secondo il colore della pelle
o della fede, ma che invece, per qualcuno siamo tutti figli di Dio, qualcun
altro potrebbe dire siamo tutti eguali. C'è l’ idea che
noi questo mondo lo dobbiamo condividere e che non possiamo lasciare
un futuro decente ai nostri figli con la logica dell'escludere, del separare,
del perseguitare. Perché questo, l’abbiamo già visto
nel secolo scorso, porta ai più grandi disastri della storia dell'uomo.
Quindi con il sinodo valdese c'è un comune sentire di cui sono
felice.
Si può dire che i valdesi siano una chiesa
di sinistra? Qualcuno l'ha detto, da destra ovviamente.
Diciamo che molti valdesi sono di sinistra, io spero che la chiesa valdese
riesca a essere fedele all’evangelo.
E’ appena uscito un suo libro: "Quel che il
futuro dirà di noi" per DeriveApprodi (pp. 154, euro
12,00).
Il tema è quello della sinistra di fronte a questa crisi, una
crisi che non riguarda solo l'economia, il clima, diversi piani della
vita. Ci troviamo in un momento molto delicato, qual è la sua
visione?
Per venti anni ci hanno raccontato che bisognava fare i sacrifici per
stare dentro la globalizzazione, adesso la globalizzazione è in
crisi e ci raccontano che bisogna fare i sacrifici per rispondere alla
crisi della globalizzazione. La mia idea è che ci sono dei signori
che si stanno arricchendo moltissimo, prima della crisi e durante la
crisi , e che la fan pagare ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani.
Bisogna organizzare il più possibile un conflitto contro questi
ricchi, questi potenti perché altrimenti c'è semplicemente
la guerra fra i poveri, si salvi chi può, il fatto che la gente
peggio sta e più se la prende con chi sta ancora peggio per cercare
di salvarsi. Io vedo nella costruzione di una lotta, che per me è una
lotta per il socialismo cioè di un mondo di eguaglianza e di libertà ,
vedo in questo una necessità oggi. Perché dentro questa
crisi vedo una crisi di civiltà in cui l'elemento della guerra
fra i poveri, dell'odio, del risentimento, dell'assenza di futuro, di
prospettiva, della paura del futuro diventa un elemento di crisi sociale,
crisi civile.
La laicità talvolta è confusa con il rifiuto
di Dio, qual è la sua idea di laicità?
Lo Stato in quanto tale non deve fare discriminazioni sulla base del
fatto che uno creda o non creda in Dio o a seconda di che Dio crede.
Lo Stato deve essere indifferente in senso positivo rispetto alle credenze
delle singole persone. Quindi lo Stato non deve sposare una credenza
o l'altra, deve rispettare l’opinione di tutti, quand'anche fosse
l'opinione di una persona sola. Qui c'è la vera differenza: lo
Stato deve garantire uno spazio pubblico in cui tutti possiamo vivere
civilmente, rispettandoci. Ognuno di noi ha le sue credenze, io ne ho
di molto forti, ma non vorrei mai poterle imporre attraverso lo Stato.
Questo è certamente il punto di vista espresso
nella nostra Costituzione: una separazione, ambiti diversi tra Stato
e Chiesa, ma le cose sono andate in maniera un po' diversa negli ultimi
anni. La battaglia per la laicità è persa?
C'è un potere in questo paese che si chiama Vaticano da cui non
sono indipendenti né il centro-destra né il centro-sinistra.
Questa cosa é strampalata perché la maggioranza degli italiani,
a occhio, non ha le posizioni proposte dal Papa. Però sui temi
etici si ritiene di si’. Penso che questo sia un bel danno per
l'Italia, perché non rende facile la costruzione di una coscienza
civile del paese. E’ come se ci fosse qualcuno che ha il monopolio
della coscienza e bisogna allinearsi. Invece, ci sono altri paesi europei
dove il dibattito, anche sulle questioni etiche, è più approfondito,
più serio, più rispettoso delle persone e produce una crescita
maggiore del paese.
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L'intervista televisiva e' andata in onda
su Raidue- Protestantesimo.
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