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Esquivel è passato a Roma per deporre nel processo contro i militari argentini, reponsabili del golpe del 1976 e della morte di migliaia di cittadini e di stranieri. Il 6 dicembre 2000 il tribunale italiano ha condannato all'ergastolo i generali Carlos Suarez Mason e Santiago Omar Riveros, i comandanti delle zone militari 1 e 4, per l'omicidio di cinque cittadini italo-argentini e il sequestro di un bambino, Guido di cui non si è saputo più nulla. Ventiquattro anni di condanna ad altri cinque militari per la morte e la scomparsa di un altro cittadino italiano. Il 24 marzo 1976 i generali Videla, Agosti e Massera presero il potere. L' Argentina fu divisa in cinque zone, ognuna comandata da un "signore della vita e della morte" e coautore del "processo di riorganizzazione nazionale": ogni giovane simpatizzante della sinistra veniva sequestrato, torturato con scosse elettriche in uno dei 350 campi di prigionia, poi trasferito, cioè ucciso, "con i voli della morte" oppure asado, "bruciato in mezzo ai copertoni". Così, per otto anni, nel silenzio generale. E’ certo che la sentenza non potrà venir eseguita ciononostante il valore simbolico è alto. Per i crimini contro l’umanità non esiste impunità, o indulto. L'intervista è stata realizzata prima della sentenza.
Io sono una delle vittime di questa repressione,
del carcere, delle torture, dei voli della morte e, logicamente, poiché
esiste l’impunità giuridica nei nostri paesi, ci rivolgiamo a quei
paesi che hanno cittadini scomparsi o assassinati. E pensiamo
che ogni stato è responsabile verso i suoi cittadini, persino verso
quelli che vivono oltreoceano. Noi pensiamo che tutto questo processo
è in relazione alla cosiddetta “dottrina della sicurezza nazionale”,
instaurata negli Stati Uniti per tutta l’America Latina.
Nella sua vita la fede cristiana è stata molto importante, è andata insieme alla sua lotta per la giustizia.
Beh, sì. Io non mi sono messo
in tutto questo per una militanza politica ma per un obbligo verso la
mia fede. Tutti dobbiamo seguire il cammino di Gesù, prendere
la nostra croce e le nostre speranze e lavorare per l’amore, insieme ai
nostri fratelli e alle nostre sorelle in tutta l’America Latina ed in
qualsiasi parte del mondo. Ma noi consideriamo questo, ed io lo considero,
come una responsabilità personale di vivere il Vangelo per arrivare
a riconoscere in mio fratello ed in mia sorella il volto di Nostro Signore.
Questa è la motivazione che mi spinge ad un impegno personale.
Lei nell’80 ha vinto il Premio Nobel. Cos’è cambiato poi nella sua vita?
Io continuo a fare lo stesso lavoro di
prima del Premio Nobel. Semplicemente il Premio Nobel ha aperto nuovi
orizzonti, le nostri voci sono state più ascoltate nei Fori Internazionali,
nella società. Quando mi hanno consegnato il Premio Nobel,
pochi giorni fa si sono compiuti 20 anni, la prima cosa che ho detto quando
me l’hanno dato è stata che lo ricevevo a nome dei popoli dell’America
Latina, dei religiosi, delle diverse denominazioni delle chiese cattoliche,
protestanti, degli ebrei che vivono la fede insieme alla gente contadina,
indigena. Cioè ho accettato il Premio Nobel a nome del popolo dell’America
Latina e cerco di essere coerente con questo. Infatti pochi giorni
fa sono stato a New York con il grido degli esclusi, dei poveri, degli
emarginati, dei tanti bambini abbandonati per i quali lavoriamo tutti
i giorni, i cosiddetti “bambini della strada” e le bambine, e cerchiamo
di dargli una speranza di vita.
Chi sono gli esclusi di oggi?
Questo sistema in cui viviamo negli ultimi
anni è fondamentalmente “escludente” verso i due terzi dell’umanità.
La fame uccide più della guerra ed io la chiamo la morte silenziosa.
E’ una bomba silenziosa. Come anche la povertà, l’aumento
della povertà, in un mondo che ha molta ricchezza che non viene
distribuita. C’è un’ambizione per il potere, per la ricchezza e
questo non è il mandato di Dio. Uno dei punti fondamentali sui quali stiamo
lavorando è questo tremendo debito esterno, che noi chiamiamo debito
“eterno”. E’ la globalizzazione della dominazione. La globalizzazione
ci sta portando ad un pensiero unico. Questo pensiero unico è di
imporci una cultura consumistica e svuotata dei contenuti. Una dominazione
culturale, una dominazione economica dove non c’è posto per i due
terzi della popolazione mondiale.
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L'intervista televisiva e' andata in onda su Raidue- Protestantesimo. Per richiedere il DVD: protestantesimo@fcei.it
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