Secondo il rapporto del 2009 sulla fame nel mondo
circa un miliardo di persone, una su 7, non ha accesso a una nutrizione
sufficiente.
Il più alto numero di coloro che soffrono la fame continua a registrarsi
in Asia e nell’area del Pacifico (642 milioni), viene poi l’Africa
cosiddetta ‘sub-sahariana’ (265 milioni), America Latina
e Caraibi (53 milioni) infine il Maghreb e il Medio Oriente (42 milioni).
Uno degli obiettivi del Millennio, stabiliti dall’ONU nel 2000,
era dimezzare la percentuale di coloro che soffrono la fame entro il
2015. Eppure è improbabile che sia raggiunto. Non perché il
numero di persone affamate stia diminuendo troppo lentamente ma perché,
al contrario, sta aumentando.
ActionAid e’ nata 30 anni fa nel Regno Unito, tra le prime ONG
al mondo, 75 dipendenti tra Roma e Milano, 45 milioni di budget, solo
in Italia. E’ una organizzazione internazionale indipendente impegnata
nella lotta alle cause della povertà. Matteo Passini fa parte
del consiglio internazionale.
Parliamo di finanza, un tema drammatico ini questi tempi. Lei ha
lavorato per Banca Etica per parecchi anni. La finanza può essere etica
o, dove c'è profitto, l'etica non entra?
Io penso che nel mondo economico in generale e finanziario
in particolare tutto sia legato a come si produce profitto e come si
distribuisce. Io intendo la finanza in modo che sia al servizio della
persona e dei territori in cui vive, in modo quindi responsabile. Ogni
volta che c'è da fare una scelta in campo finanziario non bisogna
solo pensare al rischio e al rendimento ma anche alla responsabilità,
alle conseguenze che può avere questa scelta per le persone con
cui viviamo e il territorio in cui agiamo.
Spesso si parla della crisi finanziaria come se esistessero
dei gruppi di persone che gestiscono le finanze del mondo. Esiste una
sorta di superstato d’interessi finanziari?
Questo è difficile da dire. Possiamo però valutare le conseguenze
della crisi finanziaria a livello mondiale e renderci conto di quali
siano state le priorità. La crisi provocata dalla finanza ha determinato
un intervento, da parte dei governi, pari a 3300 (tremilatrecento) miliardi
di dollari in un anno. Questo solo per sistemare il sistema finanziario
e bancario. E’ una cifra che noi dovremmo confrontare con i 30
(trenta) miliardi all'anno che basterebbero oggi per sconfiggere la fame
nel mondo, secondo un dato fornito dalla FAO. Se mettiamo a confronto
i 3 300 miliardi in un anno con i 30 miliardi ci rendiamo conto, aldilà di
quelle che possono essere le cause di queste crisi finanziarie, di come
vengano gestite le risorse.
Lei e’ consigliere nazionale di ActionAid. Com’è nata
l'esperienza di ActionAid?
L'impulso è sicuramente legato alla necessità di sostenere
i soggetti più deboli nel mondo e quindi i bambini. Il 60-70%
delle persone che soffrono la fame sono donne e bambini. Quindi, circa
30 anni fa, Actionaid si occupava principalmente di adozioni a distanza,
interventi a favore di bambini, singole famiglie, singole comunità.
Negli anni si è trasformato perché oggi l'organizzazione
mantiene il sostegno a distanza ma ha come scopo principale quella di
sradicare la povertà e l'ingiustizia del mondo.
Quanto costa adottare un bambino a distanza?
Costa meno di un caffè al giorno perché sono 25 euro al
mese. La gran parte va alla comunità del bambino, una parte, il
nostro donatore ne viene informato, è utilizzata per combattere
le cause della fame, cercando di lavorare sui diritti, cercando di cambiare
la situazione a medio e lungo termine. Non è sufficiente erogare
dei servizi e soddisfare dei bisogni urgenti e primari, la cosa più importante è mettere
in grado i beneficiari del nostro aiuto di riflettere su quelle che sono
le loro azioni, le loro scelte per cambiare la situazione in cui si trovano.
Un miliardo di persone che soffre la fame è un
numero talmente grande che si fa fatica ad immaginarlo. La vostra campagna
dice la fame si può sconfiggere. La domanda è come?
Per esempio sostenendo l'agricoltura locale. Le donne che lavorano nei
paesi in via di sviluppo , producono l'80% di quello che viene raccolto
però possiedono solo il 2% della terra che coltivano. Pensiamo
di poter sconfiggere la fame con piccoli progetti che propongono un modello
agricolo diverso da quello delle coltivazioni estesive. Sicuramente la
nostra è una politica di piccoli passi, di medio-lungo termine,
ma che può dare significativi risultati.
Ci sono pero’ anche politiche agricole globali.
Ad esempio la scelta di produrre biocarburanti ha avuto un impatto devastante.
Secondo la Banca Mondiale, i biocarburanti sono la principale causa dell’aumento
dei prezzi degli alimenti e di conseguenza del numero di coloro che soffrono
la fame. Che cosa bisogna fare, secondo voi, smettere di produrre biocarburanti?
No. Oggi esistono biocarburanti di generazioni successive e quindi, rispetto
alle prime generazioni, speriamo non tolgano terra alla produzione di
cibo. Sappiamo comunque che il cibo oggi è sufficiente a sfamare
il doppio della popolazione mondiale.
Sarebbe sufficiente
Sarebbe sufficiente, certo. Il problema dei biocarburanti è legato
anche al consumo di acqua per la produzione. L'impatto ambientale non è facilmente
misurabile, ma non siamo così sicuri che il saldo possa essere
alla fine positivo per l'ambiente. Quindi: da una parte si sottraggono
le terre ai contadini, dall’altra si consumano beni essenziali
e limitati.
E dunque, per combattere la fame, dobbiamo rinunciare
alla politica ecologica? Dal punto di vista energetico cosa pensate che
bisognerebbe fare?
Utilizzare le fonti di energia rinnovabile e comunque tutte quelle misure
che possono ridurre l'impatto del cambiamento climatico.
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L'intervista televisiva e' andata in onda
su Raidue- Protestantesimo.
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