ANGUILLARA SABAZIA -  DISEGNI DI PAOLO LANDI

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Introduzione


L’ interesse per il Centro Storico di Anguillara è nato quando soffermandomi nella piazzetta dietro al grande portale d’accesso,  per ammirare il panorama dei Monti Sabatini e, in particolare, il lago illuminato dal sole, mi sono trovato a contatto, scoprendole per la prima volta, con tutte quelle stradine che si intersecano tra loro dirigendosi verso la parte alta del promontorio dominata dalla Chiesa della Collegiata.

Forse, sarebbe meglio dire che quel dedalo di vicoletti erano loro a scendere verso il basso se è vero che già in epoca romana, la parte alta,  era occupata da una villa di proprietà della matrona Rutilia Polla. Questa nobile romana, vissuta all’epoca dell’imperatore Traiano, possedeva il Lacus Sabatinus e tutto il territorio attorno. Il nome dato a questa villa era  “Angularia” in quanto posizionata dove il lago forma un angolo. Da questo nome alcuni vogliono far discendere quello della cittadina di Anguillara.


Camminando lungo questi vicoli, ho iniziato a disegnare alcuni scorci  la cui immagine attirava la mia attenzione e quasi mi sollecitava a prendere carta e matita per riprodurli.

Disegni semplici, schematici, veri e propri sketch senza alcuna pretesa pseudo artistica.


Sono passati 10 anni da quel primo approccio con il Centro Storico e… ora, eccomi di nuovo a percorrere le stesse, come vogliamo chiamarle, stradine, viuzze, vicoli, piazzette o slarghi con il  rinnovato desiderio non solo di percorrerli e disegnare ma anche per cercare di capire  come si sia originato questo tessuto urbano.

Conoscere la sua storia, la sua evoluzione, quali possibili trasformazioni ha potuto subire ingrandendosi nel tempo;  come ciò è realmente avvenuto, rispetto alle epoche precedenti quando era abitato solo da pescatori e contadini.


La sensazione che si prova, nel percorrere le sue stradine, è emotivamente rilevante muovendosi tra case diverse così unite tra loro ma tutte costruite in scala a dimensione umana; dove i tetti sembra poterli toccare con mano; dove le scale di accesso ai primi piani si legano tra loro con i ripiani intermedi pieni di fiori; dove le facciate restano coperte da piante rampicanti che in primavera le arricchiscono del profumo dei fiori; dove ringhiere semplici o elaborate sembra si ispirino allo stesso disegno; dove inferriate aggettanti e pretenziose proteggono le finestre basse; dove alcuni portali d’ingresso assumono configurazioni somiglianti a quelli dei grandi palazzi signorili; dove il  tutto arricchisce e da prestigio all’arredo urbano.


Questo insieme di componenti, distinte ma integrate quasi fosse un”unicum” fa vivere l’intero promontorio come se in esso si svolga una realtà propria e autonoma distinta da quella del resto della cittadina . La distinzione con il resto della cittadina appare ancora più evidente dal complesso fortificato posto a difesa del Centro costruito per offrire agli abitanti un luogo sicuro dalle scorrerie dei briganti oltre che a difendersi contro i tentativi delle altre famiglie gentilizie interessate alla conquista di questo territorio.

Al grande torrione circolare si uniscono i bastioni angolari che comprendono  il palazzo baronale Orsini e dove si apre la grande porta cinquecentesca di Giacomo Del Duca del 1584 chiamata del Castello e che nel tempo aveva sostituito quella più antica caratterizzata dal ponte levatoio.

La realtà “costruita” e le visioni panoramiche tra lago e cielo costituiscono un immaginario dal quale emerge il piacere e la curiosità di capire come tutto ciò sia potuto nascere e formare partendo da un tempo assai remoto.



















Annotazioni storiche


Il territorio attorno al lago di Bracciano è ricco di storia, documentata attraverso la conoscenza  di antichità tardo romane e medievali quali la Via Clodia; il complesso dell’Acqua Claudia; il complesso chiamato Mura di Santo Stefano; i Muraccioli di Sant’Andrea, San Liberato; San Francesco, Santa Maria delle Grazie


Ancora più antico il villaggio neolitico, completamente sommerso, in località La Marmotta di cui è stata ritrovata una piroga spezzata in due a 12 metri di profondità.

Si tratta del più antico insediamento neolitico dell’Europa occidentale nato sulle rive di un lago per una popolazione che trovava in esso campi da coltivare, bestiame da cacciare e pesce in abbondanza.


Durante l’epoca romana di Rutilia Polla  il territorio vide la costruzione di molte “villae rusticae”, vere e proprie fattorie rigogliose di gente importante e molto ricca. Ne fanno testimonianza  alcune epigrafi funerarie trovate presso una necropoli vicino al lago di Martignano (lacus Alseatinus) dove vengono riportati nomi di alcuni liberti  il cui ricordo indica l’alto rispetto assicurato alle persone che lavoravano presso quelle famiglie.

Successivamente alcune di queste ville divennero luoghi di culto come per esempio Santo Stefano, Sant’Andrea.


La storia di Bracciano, Trevignano, Anguillara è nota principalmente seguendo le vicissitudini delle famiglie che in anni diversi hanno posseduto questo territorio o parti di questo.


Il primo documento storico riguardante Anguillara è del 2 Luglio 1019 dove vengono nominati “miles” e cavalieri e riportato il primo diritto di pesca. Anche un documento del 1020 attualmente custodito dall’archivio della chiesa di Santa Maria in Trastevere, attesta l’esistenza di un “castrum angularia”.


Anguillara, appartenne per prima alla famiglia dal cui nome alcuni fanno derivare quello della cittadina e il cui capostipite, Raimone assunse notorietà, come racconta la legenda, uccidendo un drago che infestava la zona. Più probabilmente il drago non era un bestione che lanciava fiamme ma solo uno stuolo di briganti che taglieggiava la popolazione.

Al termine del dominio degli Anguillara il territorio tornò al Tesoro di San Pietro e fu gestito dalla Camera Apostolica che si occupava dell’amministrazione della Chiesa.


Agli Anguillara, seguirono, con vicende alterne, altre famiglie: gli Orsini nelle loro diverse ramificazioni; gli Odescalchi e in epoca assai recente i Doria Eboli D’Angri dopo i quali la cittadina diventò territorio nazionale.


A fianco alla storiografia ufficiale, Anguillara annovera un’altra storia di rara importanza e ricchezza affidata alla ricerca minuziosa della storica e scrittrice Angela Zucconi (v. Autobiografia di un Paese – ediz. Biblioteca – 1993) dalla quale alcune note verranno tratte.

Riporta avvenimenti realmente accaduti;  nomi di famiglie storiche Jacometti, Rinaldi, Senzadenari, Floridi che ricorrono già nel cinque/seicento e che hanno contribuito allo sviluppo della città; luoghi e avvenimenti succedutisi negli anni che fanno conoscere come la popolazione sia sempre stata presente con le proprie istanze, le proprie lotte per dare alla città dignità di vita.

E’ un libro che parte dal 1868, scritto sulla memoria di alcuni e ancora di più ricavato da un attento studio negli archivi comunali ed ecclesiastici dove le vicende degli anguillarini ( nativi di Anguillara distinti dagli anguillaresi che rappresentano gli immigrati) rivelano le aspettative dei paesani fin da quando, sudditi, erano sfruttati e ridotti alla schiavitù di Signori che sfruttavano il territorio per accumulare ricchezza escludendoli da ogni forma di il benessere.

E’ scritto delle loro lotte in difesa dei diritti acquisiti; della lotta agraria che doveva concedere loro parte del territorio dove poter lavorare e dare il necessario sostentamento alle loro famiglie.

Del primo liberale, al momento dell’unità d’Italia; delle vicende comunali col succedersi dei primi Sindaci;  della partecipazione alla guerra del “14/”18 fino all’avvento del fascismo.


Importante citare ancora il libro della Zucconi che ricorda (v. pag. 62) “la particolare attenzione del Consiglio comunale per le caratteristiche storiche dell’antico abitato. con apposito regolamento e

norme riguardanti  balconi, mensole, canne di camino aggettanti, infissi , tinteggiatura dei muri, decorazioni, insegne, il tutto in difesa  dell’armonia con l’esteriore delle case”.

Tale regolamentazione non ha trovato nel tempo molta applicazione tanto che ancora oggi molte rifiniture come per esempio l’uso di finestre in alluminio sono state poste con notevole spregio verso il mantenimento di caratteristiche che andrebbero salvaguardate con molta più attenzione.


Il promontorio visse alterne vicende, a periodi in cui  le case erano per lo più abitate da pescatori e contadini autorizzati dalla Camera Apostolica, seguirono periodi di spopolamento forse dovuti a lotte intestine tra le grandi famiglie nobili ma ancora di più allo scarso igiene dei luoghi abitati con conseguenti pestilenze.


Se la storia delle tre città che si affacciano sul lago è più che nota, nessuna documentazione ci viene data sul centro arroccato sul promontorio. Unica notizia, certa,  la villa romana Angularia di Rutilia Polla.

Manca  una qualsiasi indicazione grafica che configuri le costruzioni che sicuramente si stabilirono attorno a questa villa.

Occorre arrivare al tardo medioevo e al tardo rinascimento per trovare edifici prestigiosi che appartengono per lo più al clero come le chiese di San Salvatore e Sant’Andrea ormai sparite. La chiesa della Collegiata, dedicata a Santa Maria Assunta, è circa del 1500 e poi successivamente restaurata nel 1700: l’edificio chiamato “La Disciplina” anch’essa del XVI° sec. sede della Confraternita dei Misericordiosi dove si sopportava la flagellazione come espiazione dei propri peccati; la chiesa di San Biagio è del 1756. Il palazzo baronale è dei primi del ‘500.


Elemento, assai  interessante, che può aiutare nella ricerca dell’evoluzione storica del Centro è rappresentato dal  Piano Particolareggiato presentato in questi ultimi anni dal Comune. Il progettista, nel codificare le diverse norme tecniche presta particolare attenzione, sempre sotto il profilo del mantenimento delle caratteristiche peculiari del luogo, alla conservazione e il risanamento di questa area dove si stabilisce un rigoroso vincolo a ogni possibile nuova costruzione nelle aree inedificate così come incrementi di volumi e superfici per gli edifici esistenti.


Ma il progettista oltre alle norme tecniche, attraverso studi che, evidentemente, ha potuto approfondire, si lancia anche su ipotesi del possibile sviluppo urbano durante i secoli. Ne risulta una serie di planimetrie nelle quali vengono riportate zone successive di ampliamento con indicazioni importanti come l’ubicazione delle porte di accesso, le mura di difesa, la posizione delle prime chiese. Da questa planimetria è possibile anche individuare i luoghi dove erano state innalzate delle torri di cui Anguillara era ricca come è documentato in un affresco della sala delle carte geografiche nei Musei Vaticani.

Di queste torri ne troviamo alcuni  basamenti in corso Umberto I°, in via della Grondarella, in via Garibaldi, all’interno dell’edificio chiamato “la Specola” e in basso, verso il molo, in via del Murato.


Il primo nucleo abitativo è ipotizzato attorno alla chiesa di S. Andrea oggi scomparsa anche se riconoscibile dall’abside che si vede nel giardino intermedio di fronte a uno degli ingressi al Comune. Le ulteriori piante prospettano i successivi sviluppi che vanno dal  X° fino al XVI° secolo.


Da ricordare anche un’altra chiesa, quella dedicata a  San Salvatore, che non esiste più in quanto è stata trasformata in abitazione. Era ubicata nell’attuale via di San Salvatore dove è possibile ancora vedere un basamento in pietrame che dovrebbe essere parte di ciò che resta della  vecchia chiesa


Una planimetria del Piano riporta la datazione del patrimonio edilizio nella quale i diversi edifici assumono colorazioni differenti a seconda della loro epoca di costruzione ed offrono una panoramica completa dell’attuale consistenza edilizia del Centro Storico.

Tra la documentazione fotografica e grafica che allego a questo mio scritto mi sono permesso di riportare su questa planimetria, attraverso perimetri di differenti colori, quegli sviluppi del tessuto urbano che rappresentano le ipotesi sopra descritte. Mi perdoneranno i tecnici del Comune e il progettista ma ho trovato molto interessante e piacevole seguire le loro ipotetiche indicazioni.


La società del vicolo


Una particolare attenzione, mi sembra, deve essere attribuita a capire quale vita si è potuta sviluppare in questo tessuto urbano. Quale società vi ha abitato e come questa si è differenziata rispetto a quella attuale.


All’inizio, in epoca romana, i primi abitanti saranno stati gli schiavi e i liberti della casa di Rutilia Polla, poi altre abitazioni saranno state costruite per i contadini e i pescatori per poi offrire ospitalità ad altri fino a divenire dimora anche di famiglie nobili.

In via Roma troviamo lo scudo emblema della famiglia Floridi ricchi mercanti di campagna. Ma anche la famiglia Jacometti si vede attribuita una strada sicuramente in ricordo dello scultore neoclassico Ignazio le cui opere, tra cui il celebre “Ecce Homo” sono esposte nella chiesa della Collegiata e che fu Direttore dei Musei Vaticani nonché Presidente dell’Accademia di San Luca. 


Osservando la rete viaria esistente può apparire pretenzioso chiamare vie quel dedalo di viuzze in quanto per via s’intende normalmente una strada abbastanza larga contenente ai lati i marciapiedi con una pavimentazione ben definita. Nel nostro caso tutto questo manca ed è perciò meglio dire che la nostra rete viaria è costituita da vicoli con una pavimentazione piuttosto sconnessa con un lastricato formato da pietrame di varie dimensioni. 


Il termine vicolo si lega meglio al tessuto urbano che occupa il promontorio proprio per la sua costituzione del tutto avulsa da quella della restante cittadina. La differenza tra via e vicolo è significativa per indicare il diverso modo di vivere della gente.


Il “vicus” da cui trae origine il termine vicolo, concettualmente, contiene  un significato molto più ampio della semplice indicazione di strada stretta, aperta o chiusa che sia.

Il “vicus” era il borgo;il villaggio; la contrada.


E’ interessante riportare quanto viene scritto nel libro “I vicoli di Roma” (Giorgio Carpeneto – Newton & Compton editori 2005)

”Ciò che caratterizza il vicolo non è tanto la sua larghezza, la struttura del sua disegno o della lastricatura, ma il fatto che vive come un villaggio e che, corto o lungo, aperto o cieca, esso induce alla fraternizzazione tra coloro che in esso vivono per abitarvi o lavorarci”.


Questa immagine ci ricorda i bassi di Napoli; i carrugi di Genova; le rughe di alcune delle piccole cittadine della Calabria. Certo, può anche ricordare, nella sua forma più negativa, il ghetto di Roma che, per coercizione, non è stato certo il migliore esempio di aggregazione urbana.


La fraternizzazione, ecco l’elemento caratterizzante che sarebbe bene poter individuare all’interno dei vicoli.

Non ci sono documenti o se qualche cosa si riesce a trovare sono i ricordi degli ultimi anziani che ancora vivono in questi ambienti e che vanno con la memoria a tempi remoti ma certo non a quelli dei primi albori.

Come si era; come si viveva; come si comunicava; come ci si integrava? Era il Centro, autonomo in quanto tutte le esigenze della vita quotidiana potevano essere soddisfatte? Acquisti alimentari, riparazioni di utensili di cucina, forniture di carbone. C’erano botteghe?, artigiani? idraulici, tessitori, muratori? Ed ancora c’erano legulei e guaritori in questi secoli che vanno dall’inizio del mille fino al 700/800. Chi abitava il Centro Storico?  C’era qualche forma di alfabetizzazione? E quali erano le condizioni igieniche?

La stessa densità della popolazione presente dovuta alla ristrettezza dei luoghi nulla ci dice su questa possibile coesione, solidarietà, nulla sulle possibili “chiacchierate” tra donne che, sui fili collegati tra facciate fronteggianti, dove stendevano le loro lenzuola, trovavano occasione di scambiarsi  i loro problemi i loro affanni, le loro gioie.


Rispondere a queste domande vorrebbe dire completare lo studio della Zucconi nella parte epocale precedente a quella da lei rilevata


Per ora accontentiamoci di rilevare una curiosità interessante sul termine vicolo che trova, nella sua accezione, diversi e assai pittoreschi significati per indicare situazioni particolari così come ce li ricorda il G.G.Belli.:

“trovarsi in un vicolo ceco” = essere in difficoltà

“il vicolo lo trova di sicuro = trovare una scappatoia”

“annà pe vicoli” = nascondersi

“abità ar vicolo del bove” = essere cornuti


Tornando a interessarci, della rete stradale interna, l’unica che troviamo e può essere chiamata vera via è quella che parte in basso subito dopo la porta e sale in linea diretta fino in alto alla Collegiata.

Questa sutura netta dell’abitato, frutto di qualche demolizione ; viene indicata nell’ipotesi avanzata nel Piano Particolareggiato nel ‘700 allo scopo di valorizzare il collegamento tra due punti focali: Porta del Castello e Chiesa della Collegiata anche se l’orientamento è tra la porta e il campanile. Certo è che in questo modo il borgo viene tagliato in due spazi distinti.


Una parte dell’abitato è quella che caratterizza il panorama del Centro Storico visto dal lago dove scorre la strada di collegamento con Bracciano che ha a fianco la lunga spiaggia attrezzata e la piazza del Molo con i suoi bar, ristoranti, il monumento ai caduti e l’imbarcadero della navetta che, durante l’estate porta i turisti lungo il lago. In questa zona le case trovano maggiore spazio tra di loro e danno l’impressione di essere quasi un borgo marinaro.


La zona opposta, si affaccia, al contrario, verso una parte del lago meno affollata dove corre la strada verso Trevignano offrendo alle case un panorama più lacustre e campagnolo.


Una particolarità su questa via chiamata anche “diretta” o “della Collegiata” ma poi dedicata a Umberto I° è che all’inizio, subito dopo la porta, la targa marmorea la indica come Corso mentre, poi, in alto, alla Collegiata, l’altra targa lo riporta come semplice via.


Lungo i vicoli, in alcuni punti si succedono piccoli slarghi o anche delle vere piazze. Un esempio è Piazza Magnante che offre un disegno caratteristico, tondeggiante dove le case si distribuiscono lungo la circonferenza quasi a ricordare che in quel luogo erano interrati dei silos contenenti derrate alimentari di cui, alcuni, sono ancora visibili sotto una copertura a vetri di protezione.


Altra piazza ma dallo spazio più contenuto è quello della Collegiata sul quale si apre anche la  “Disciplina” Antistante l’ingresso della chiesa un terrazzo permette di godere il miglior panorama del lago fino Trevignano e Bracciano. A lato corre una strada, via Roma  che torna a legare le due zone separate dal Corso Umberto I° dove si affacciano alcuni palazzi di un certo prestigio con le parti angolari bugnate e portali con stemmi.


Se passiamo a considerare la toponomastica notiamo come i nomi attribuiti siano, in gran parte, avulsi dalle caratteristiche dei singoli vicoli. Sono riferiti a Roma, alla chiesa, alla casa regnante; nessun riferimento ad eventuali attività artigianali; descrizione di alcune tradizioni locali o nomi che possono ricordare fatti accaduti in quel luogo come avviene in largo uso per i vicoli di Roma.

Alcuni prendono il nome dalle caratteristiche del luogo come vicolo delle Rupi, a picco sul lago, o come piazza Magnante o del Praticello sempre per le caratteristiche che comprendono.

Altri modificano di fatto il nome reale con quello di un ristorante le cui insegne segnalano, da posti diversi, la sua ubicazione (vicolo del Grottino – del Gusto)


Per fortuna in alcuni vicoli sussistono testimonianze di un certo pregio come la colonna romana con effige umana nel vicolo di San Biagio; un relitto del fronte di un sarcofago con clipeo e cornucopie in Corso Umberto I°; una fontanella datata 1878 ed un’altra, anonima come data, ma arricchita da una bocca di leone dalla quale doveva  uscire acqua. All’esterno di un atrio di una casa un sarcofago romano è in bella mostra.

In altri vicoli, sulle pareti di alcune case sono stati posti dei mosaici che arricchiscono le facciate come per esempio in Piazza della Porta dove è posta una lastra in piastrelle ceramicate che raffigura Porta Giudia o come nel vicolo dei Pescatori dove dei mosaici rappresentano cavalieri etruschi  e volti umani e, in un altro punto, con tesserine e mattoncini di cotto, è raffigurata  Porta Castello .

Una famiglia, in via di San Biagio, ha voluto porre due targhe in pietra del 1836 sugli ingressi della casa come intreccio delle prime lettere del cognome.

   

In basso, verso il Molo si aprono alcuni vicoli che finalmente hanno una qualche storia anche se poco conosciuta. vicolo del Murato; vicolo dei Pescatori, delle Condotte (idriche / fognanti?); degli Arcacci anche se ne è restato solo uno mentre, alcuni dicono. ce ne fossero tre.


Una citazione particolare va fatta per il vicolo della Fontanella

Esiste una storia su questa Fontanella posta nel 1880 e che riflette la situazione igienica dell’abitato. Era la sola fontanella dalla quale tutti gli abitanti potevano attingere acqua con le conseguenze che sono facilmente immaginabili.


C’è da dire infatti che questo aspetto della vita nel Centro contraddice quel sentimento “romantico” che ha destato la curiosità e il piacere della conoscenza di questi vicoli.

Nel Libro di Angela Zucconi si fa chiaro riferimento alla mancanza di rete idrica e fognante.

E siamo ai primi anni del 1900.

In piazza Magnante c’era il “cacatore” luogo dove chi aveva voglia di portare i propri escrementi poteva farlo anche se era più comodo buttarli nel vicolo direttamente dalla finestra.

Per fortuna i silos che poi sono stati trovati interrati sotto la recente pavimentazione della piazza erano ancora sconosciuti. Altrimenti, all’interno di questi, altro che reperti di epoca romana, di tessere di mosaico di frammenti ceramici di epoca imperiale!

Il Comune nel 1905 decreta la costruzione di tre latrine in località la Valle allo scopo di diminuire il getto delle materie fecali sulla spiaggia o direttamente nel lago. Nel 1914 si fa obbligo di costruzione di un gabinetto in ciascuna abitazione senza che ancora fosse costruita la rete di fognatura.

Ma esisteva e durò ancora per molti altri anni anche l’abitudine del “butto”. Questa era la possibilità di “buttare l’immondizia, nel suo più ampio significato, lungo le mura fortificate della cittadina.

Forse è per questo che sopra le mura dove oggi si aprono gli uffici del Comune, in epoca meno recente era stato impiantato un bel giardino ricco di alberi.


E oggi?


Osservando, questo insieme di case non possiamo che esprimere delusione: mancano i suoni (è tutto silenzioso) sembra che il maggiore impegno degli abitanti sia quello di non disturbare gli altri; non si ascoltano canti allegri e spensierati di chi è intento a un proprio lavoro; non ci sono i crocicchi di donne sedute  e il loro “chiacchiericcio” mentre lavorano la maglia; mancano i trilli dei bambini che si rincorrono con i loro giochi.

Solo lungo il Corso si aprono alcuni  negozi che certo però non creano particolare animazione.

L’immigrazione di nuove famiglie ha creato, in molti casi, abitazioni del tutto avulse da contatti tra vicini dove gli spazi aperti sono solo occasione di parcheggio per la propria auto e di lite per ogni possibile abuso. Gli anguillaresi sono diventati maggioranza rispetto agli anguillarini. Le case sono  “sfiziose”, come occasione di un abitare più folcloristico, più fuori del comune.

Resta solo la volontà e la capacità del Comune, delle ProLoco e delle diverse Associazioni a far rivivere il Centro Storico proponendo fiere, mostre,mercatini processioni, infiorate e tante altre iniziative che cercano di  impedire la perdita, per questo Centro “Storico”, così importante, della sua peculiare caratteristica di vita improntata alla conoscenza reciproca e al contatto umano che rappresentano i soli e veri valori di un vivere civile.



 

il centro storico - vicoli e piazzette

Disegni a matita e acquerello in formato A4



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